venerdì 28 marzo 2014

Three Uses of the Knife.



Malgrado l'apparenza a volte piuttosto disordinata (onestamente, ci sono parti del libro un po' oscure, e occasionalmente sermoneggianti), questa collezione di pensieri di David Mamet sul teatro non riesce a fare a meno di ispirare la riflessione.

La distinzione più stimolante è quella tra tragedia e melodramma. Il melodramma, secondo Mamet, è una fantasia di potere. In esso vengono presentati un problema e la sua soluzione. Assistendovi lo spettatore, o lettore, può indulgere nella fantasia di poter trionfare (insieme all'eroe) sulle implacabili forze della storia.

Nella tragedia l'eroe è solo e non ha soluzioni. Se vince, è solo grazie alla sua forza di volontà. Come Martin Luther King: "Non ho strumenti1, se volete potete uccidermi, ma dovrete uccidermi." Alla fine della tragedia, non è l'idea "giusta" a trionfare, ma la verità. E più che trionfare, rimane nuda, esposta alla vista di tutti.

Il melodramma, secondo Mamet, parla "alla testa", la tragedia parla al cuore. Il melodramma ti fa sentire soddisfatto solo finché vi assisti, è una distrazione. Il dramma ti lascia perennemente insoddisfatto, mettendoti di fronte alla tua stessa imperfezione di essere umano. E in tal modo disvela la verità.

La differenza tra visione tragica e visione eroica della vita l'ho sempre trovata interessante. Tanto che l'ho incorporata nel mio romanzo. Avete presente il dialogo tra Hippolyte Saintvil e Gracieux?

Mamet allarga il discorso oltre il teatro alla vita di tutti i giorni, a come la nostra esistenza sia pervasa da melodrammi che ci distraggono dalla vera natura delle nostre esistenze. Uno dei quali, e non il minore, è la politica. Secondo Mamet:

"Il voto è il nostro biglietto per lo spettacolo, e la sfida del politico per sradicare riempite questo spazio non è differente dalla promessa di una superstar da film della Domenica di sopraffare il cattivo. Entrambe ci promettono svago in cambio del prezzo del biglietto, e una sospensione del nostro scetticismo."

E ancora:

"Personaggi fattivi si eleggono protagonisti, identificano ciò che causa tutte quelle spiacevoli incertezze nel nostro mondo, e giurano di espungerle. Se solo votiamo per loro."

André Glucksmann chiama David Mamet: vuole indietro la sua definizione di "integralismo".

Mamet osserva che le notizie del telegiornale sono anche esse strutturate in maniera melodrammatica, il che a mio avviso spiega perché l'informazione è così facilmente trasformabile in propaganda.

La differenza tra tragedia e melodramma pesa anche su "Three Uses of the Knife". Leggendolo pensi: "Accidenti, adesso capisco come si scrive davvero! Come posso creare una storia che il pubblico non dimenticherà mai.". Ma finitolo, dopo che hai messo tutto insieme, ti rendi conto che probabilmente si tratta di un'impresa che va oltre le tue capacità. Che la maggior parte di ciò che hai letto o a cui hai assistito nella tua vita, e che ti ha formato, sono melodrammi. Che, autori o pubblico, TRAGICAMENTE siamo fragili, insoddisfatti, esseri che ogni tanto hanno bisogno di indulgere in una fantasia di potere. E che mettere insieme qualcosa di scritto alla maniera in cui parla Mamet è difficile anche per chi tra di noi ha davvero talento.