venerdì 28 marzo 2014

Three Uses of the Knife.



Malgrado l'apparenza a volte piuttosto disordinata (onestamente, ci sono parti del libro un po' oscure, e occasionalmente sermoneggianti), questa collezione di pensieri di David Mamet sul teatro non riesce a fare a meno di ispirare la riflessione.

La distinzione più stimolante è quella tra tragedia e melodramma. Il melodramma, secondo Mamet, è una fantasia di potere. In esso vengono presentati un problema e la sua soluzione. Assistendovi lo spettatore, o lettore, può indulgere nella fantasia di poter trionfare (insieme all'eroe) sulle implacabili forze della storia.

Nella tragedia l'eroe è solo e non ha soluzioni. Se vince, è solo grazie alla sua forza di volontà. Come Martin Luther King: "Non ho strumenti1, se volete potete uccidermi, ma dovrete uccidermi." Alla fine della tragedia, non è l'idea "giusta" a trionfare, ma la verità. E più che trionfare, rimane nuda, esposta alla vista di tutti.

Il melodramma, secondo Mamet, parla "alla testa", la tragedia parla al cuore. Il melodramma ti fa sentire soddisfatto solo finché vi assisti, è una distrazione. Il dramma ti lascia perennemente insoddisfatto, mettendoti di fronte alla tua stessa imperfezione di essere umano. E in tal modo disvela la verità.

La differenza tra visione tragica e visione eroica della vita l'ho sempre trovata interessante. Tanto che l'ho incorporata nel mio romanzo. Avete presente il dialogo tra Hippolyte Saintvil e Gracieux?

Mamet allarga il discorso oltre il teatro alla vita di tutti i giorni, a come la nostra esistenza sia pervasa da melodrammi che ci distraggono dalla vera natura delle nostre esistenze. Uno dei quali, e non il minore, è la politica. Secondo Mamet:

"Il voto è il nostro biglietto per lo spettacolo, e la sfida del politico per sradicare riempite questo spazio non è differente dalla promessa di una superstar da film della Domenica di sopraffare il cattivo. Entrambe ci promettono svago in cambio del prezzo del biglietto, e una sospensione del nostro scetticismo."

E ancora:

"Personaggi fattivi si eleggono protagonisti, identificano ciò che causa tutte quelle spiacevoli incertezze nel nostro mondo, e giurano di espungerle. Se solo votiamo per loro."

André Glucksmann chiama David Mamet: vuole indietro la sua definizione di "integralismo".

Mamet osserva che le notizie del telegiornale sono anche esse strutturate in maniera melodrammatica, il che a mio avviso spiega perché l'informazione è così facilmente trasformabile in propaganda.

La differenza tra tragedia e melodramma pesa anche su "Three Uses of the Knife". Leggendolo pensi: "Accidenti, adesso capisco come si scrive davvero! Come posso creare una storia che il pubblico non dimenticherà mai.". Ma finitolo, dopo che hai messo tutto insieme, ti rendi conto che probabilmente si tratta di un'impresa che va oltre le tue capacità. Che la maggior parte di ciò che hai letto o a cui hai assistito nella tua vita, e che ti ha formato, sono melodrammi. Che, autori o pubblico, TRAGICAMENTE siamo fragili, insoddisfatti, esseri che ogni tanto hanno bisogno di indulgere in una fantasia di potere. E che mettere insieme qualcosa di scritto alla maniera in cui parla Mamet è difficile anche per chi tra di noi ha davvero talento.


giovedì 13 febbraio 2014

Save the Meadows.

Questo è interessante.

Anyone working in international development for non-governmental organizations (NGOs) over the past few years has likely had one of the following experiences:

1) Witnessing an external consultant or boss being flown in from abroad to “manage” the field office in [insert any non-Western nation here. Note that field office can just mean the capital city of any country outside the U.S. or Europe]

2) Being shocked at the lack of ethics in workplaces where the aim is “helping other people”

3) Working for or interacting with NGOs (such a broad category that it encompasses all manner of organizations) that serve no apparent purpose.

Finally, a new TV show exists to highlight some of the absurdities of the international aid sector. The slyly named The Samaritans is a comedy about the perils – and pleasures – of the “NGO world”. Created by a Kenya-based production company, it chronicles the work of Aid for Aid – an NGO that, in the words of its creator, “does nothing”.
Il resto qui.

Se avete letto "Liberty Charter: Territori Liberi", ricorderete sicuramente le ONG.

PS: Grazie a Pietro Monsurrò per la dritta.


domenica 2 febbraio 2014

Vele nere... come la mia coscienza.


Il Pirata Barbanera

A giudicare dalle prime due puntate, "Black Sails" la serie TV che pretende di fare da prequel a "L'Isola del Tesoro" di Stevenson raccontandoci le gesta del pirata Flint e di Long John Silver da giovani, è più o meno ciò che mi aspettavo: una storia di largo consumo nella quale la romanticizzazione dell'epoca d'oro della pirateria e dei pirati come uomini liberi si mischia a un gusto post-moderno per la dissacrazione in un'atmosfera di figaggine da rave party.

La trama sembra annunciarsi del tipo "abbastanza intricato da essere una soap, ma di poco meno banale", sorretta da scene di violenza del tipo "GUARDAMI!" e da una solida razione di nudità femminile gratuita, più i soliti banali tentativi di trasportare indietro nel tempo temi sociali attuali.

La caratterizzazione dei personaggi è tentativamente profonda, e comprende i soliti uomini tormentati e le solite, storicamente improbabili, proto-femministe.

Non lo consiglio, ma io non ne perderò nemmeno un episodio.

A chi non piacciono i pirati dell'epoca d'oro?

PS: Guardate che titoli di testa con i contro.


lunedì 13 gennaio 2014

Kuiper Belt

Noto, con un certo colpevole ritardo post-festivo, che è finalmente attivo Kuiper Belt, sito internet dedicato alla narrativa italiana indipendente.

La sua nascita mi era stata segnalata da un'amica e ho seguito la pagina facebook gemella sin dall'inizio. Il sito web vero e proprio ha sofferto inizialmente di qualche problema tecnico, ma a quanto pare ora è qui, e in perfetta salute.

Sono molto lieto che nascano iniziative come questa, dato che è spesso difficile per gli autori indipendenti farsi conoscere, ma anche per i lettori orientarsi nella marea di pubblicazioni indipendenti e auto-pubblicazioni.

Su Kuiper Belt potete già trovare numerose recensioni di romanzi di autori indie italiani, tra le quali la recensione di Liberty Charter: Territori Liberi a opera di Francesca Berardi.

Molti auguri a Kuiper Belt e iscrivetevi alla sua mailing list, potreste scoprire qualche autore interessante.

martedì 5 novembre 2013

Evoluzioni.



Pare che i cartelli della droga messicani abbiano scoperto che coltivare presso il largo pubblico un'immagine di romantici ribelli e diffonderla via internet sia una buona idea.

"Anche i membri dei cartelli della droga messicani hanno iniziato a sfruttare il potere della rete, utilizzandola per fare pubbliche relazioni, postare autoscatti con le pistole e tenere d'occhio i bersagli monitorando i loro movimenti sui social media.

Di questi tempi non tutti i cartelli vogliono essere visti come i cattivi di turno. Dopo che l’uragano Ingrid ha colpito il Messico nord-orientale, a settembre, il Cartello del Golfo ha caricato un video su YouTube che li mostra impegnati nella distribuzione di cibo ai bisognosi. In breve, il filmato ha raggiunto mezzo milione di visualizzazioni.
"

A costo di sembrare uno che si vanta, in "Liberty Charter:Territori Liberi" il mio personaggio Lottie Hortington-Spence, parlando di una immaginaria banda da strada londinese chiamata "Kennington Money Makers" rivelava:

"Le giovani bande da strada fanno un grande uso degli strumenti di comunicazione di massa. Hanno canali su Youtube dove caricano video amatoriali nei quali minacciano apertamente di morte i loro avversari, canzoni scritte da membri della banda e simpatizzanti, e anche spezzoni video di combattimenti di strada e pestaggi. Un po' come i vostri combat video in fondo. La possibilità che possano essere usati come prove contro di loro, non sembra preoccuparli. E cercano avidamente rapporti con la stampa. Quando parlano ai giornalisti si paragonano agli insorti iracheni o egiziani, accusano il "sistema" per averli abbandonati, denunciano le ingiustizie globali. Non che siano particolarmente sofisticati, ma hanno passato gran parte della loro vita a guardare la televisione e ad ascoltare canzoni rap, e sanno quali tasti spingere con l'opinione pubblica."

Rispetto a questa descrizione la versione dei "Templarios" è qualcosa di adeguatamente più sofisticato ai loro superiori mezzi.

Per riassumere, da queste parti cerchiamo sempre di fare "reality-based fiction", anche quando ci muoviamo in una linea temporale alternativa. Per un autore di thriller è essenziale essere capaci di notare certi trend prima che diventino universalmente noti, e inserirli in ciò che scrive. Spesso passano anni dalla stesura alla pubblicazione di un romanzo, perciò ciò che riesci a prevedere oggi sarà attuale nel momento in cui raggiunge i lettori.

giovedì 3 ottobre 2013

Tom Clancy: il capostipite.



Per chi è cresciuto negli anni '80, prima di internet e Amazon, quando i libri di storia militare in Inglese, se proprio volevi, dovevi ordinarteli in contrassegno dalla mitica "Tuttostoria" di Parma (che spacciava anche la Paladin Press), i romanzi di Tom Clancy erano dei miraggi, una chicca da farsi regalare a Natale. Tanto più che si viveva ancora in un'epoca di edizioni in copertina rigida da 50.000 Lire al pezzo.

Nelle librerie di provincia degli anni '80 gli appassionati del genere aspettavano l'ultimo Clancy come oggi i ragazzini aspettano l'ultimo Grand Theft Auto. I romanzi dello scerittore americano rompevano gli schemi anche solo per non essere confinati nella gabbia di Segretissimo Mondadori, dove veniva infilata tutta la narrativa di genere, di quel genere, considerato non degno di una edizione in copertina rigida. Per certi versi Tom Clancy anticipava la ribellione al politically correct, portando un universo americano-conservatore in un'Italia in cui non essere eurocomun-socialisti, pacifisti, e anti-reganiani era sinonimo di augurarsi una guerra nucleare.

Tom Clancy rappresentava anche altre tendenze "anni '80": il rampantismo, la speranza, il successo fai-da-te. L'assicuratore, scrittore neofita, che in un'epoca contrassegnata dalla segretezza, semplicemente facendo ricerche da appassionato su testi disponibili al largo pubblico, e giocando a giochi da tavolo (Harpoon), aveva messo insieme un romanzo che aveva, non solo venduto tre milioni di copie, ma anche fatto esclamare al Segretario della Marina americano: "Ma chi è che ha autorizzato questo?". (Riferendosi alle informazioni dettagliate e riservate contenute ne "La Grande Caccia all'Ottobre Rosso").

Tom Clancy deve essere salutato non come un romanziere, ma come un capostipite. Il genere tecno-thriller da lui lanciato con "La Grande Fuga dell'Ottobre Rosso" oggi ha preso vita propria, distaccandosi dagli stessi schemi di Clancy (romanzi lunghissimi, pesantemente geopolitici, che alternano scene di azione sul campo a scene ambientate nelle "stanze dei bottoni" della politica e della burocrazia), e fondendosi nel tempo con un'altro genere tipico della Guerra Fredda, quello di spionaggio all'Inglese, per dare vita ai tecno-thriller moderni.

Ai tempi di Tom Clancy tutto era confronto Est-Ovest. L'Occidente era ancora il centro dell'universo, e come organizzazione terroristica l'IRA riceveva molta più attenzione di Hezbollah. Oggi i tecno-thriller raccontano di Forze Speciali e mercenari, e si svolgono spesso in nazioni fallite (categoria pressoché sconosciuta durante la Guerra Fredda). Terroristi religiosi e fanatici hanno sostituito i freddi e calcolatori apparatchik dell'Unione Sovietica nel ruolo di cattivi.

Anche per chi, come me, si trova più a suo agio nell'avventuroso mondo del nuovo (dis)ordine mondiale, Tom Clancy rappresenta la nostalgia per l'epoca dei discorsi lunghi sei ore dell'Ambasciatore della Bulgaria all'assemblea delle Nazioni Unite.




giovedì 12 settembre 2013

Corvin e gli orologi rotti.



In occasione del 12° anniversario dell'11 Settembre 2001 ho avuto uno degli ormai rituali incontri con un "9-11 truther". E ho pensato di omaggiarvi con questo paragrafo dal mio romanzo "Liberty Charter: Territori Liberi". - Max Balestra.



'Tutta questa storia di Haiti è solo una scusa per mandare altri Marines in ancora un'altra area del mondo. Tra un po' la CIA se ne verrà fuori dicendo che il Venezuela sta fornendo armi agli Haitiani. Naturalmente una guerra è la migliore scusa per creare uno Stato di polizia in patria. E tutti gli imbecilli che attaccano bandierine a stelle e strisce al finestrino dell'automobile gli andranno dietro!' Lucas sbatté il palmo della mano sul tavolo e rise. Poi guardò le facce che gli stavano davanti alla ricerca di consenso, ma trovò solo indifferenza.
'Ha ragione, pensateci. – disse Matthew – La cosiddetta “Guerra Globale al Terrorismo” è agli sgoccioli. Come si continuerà a finanziare il Pentagono e le sue avventure imperialiste? Agitando lo spauracchio di Chavez e dell'America Latina, ecco come! Soprattutto considerato che il Venezuela ha rapporti amichevoli con l'Iran. Vi pare che i sionisti di Washington si lasciano scappare l'occasione? Attaccare il Venezuela è solo il primo passo per estendere la guerra anche all'Iran. Pensateci. Qualche altro milione di civili da ammazzare per giustificare...'
Le parole si spensero in un rantolo affamato d'ossigeno quando una mano gli si strinse intorno alla gola.
'Non ti azzardare più a venirci ad insegnare come vanno le cose ad Haiti, capito? Noi ci lavoriamo. Rischiandoci la pelle. Risparmia queste stronzate per le consorterie di tuoi pari. E nemmeno ci fare più la morale sui civili uccisi, come se in combattimento ci fossi stato tu e non noi.'
Lucas afferrò la mano di Reuben con entrambe le sue, cercando di staccarla dalla gola del suo amico, ma non ci riuscì. Matthew era ormai rosso in volto. Lucas considerò l'idea di estrarre la pistola, ma un'occhiata all'espressione di Bundesbank dall'altra parte del tavolo lo fece desistere. Norenaba afferrò il polso di Reuben facendogli mollare gentilmente la presa e Matthew inspirò con avidità, tossendo e massaggiandosi la gola.
'Non vedo perché occorra ricorrere alla violenza.' disse Lucas con voce offesa e scandalizzata. 'Stiamo solo scambiando idee qui. Se usate la violenza, vuol dire che non avete argomenti per rispondere.'
'Più che uno scambio di idee mi sembrava un comizio.' disse Bundesbank.
'Considerate la reazione di Reuben una forma di comunicazione non verbale, destinata ad andare subito al punto, facendo capire senza possibilità di fraintendimenti che si tratta di un argomento sul quale esigiamo la massima serietà.' spiegò Norenaba. 'Quello che Reuben intendeva comunicare è, che una cosa è raccontare la propria versione congetturale di un evento davanti a un pubblico casuale, e che magari non chiede di meglio che essere convinto della sua veridicità, un'altra è farlo con chi di quegli eventi ha una esperienza diretta.'
'Altrimenti detta: finché si scherza si scherza.' disse Reuben.
Lucas si guardò intorno scuotendo la testa con aria delusa. 'Chartisti... Dite di essere contro lo Stato, e intanto vi fate coinvolgere nelle guerre imperiali. I vostri Marines si sono venduti come mercenari al governo afgano in cambio dell'assegnazione a ditte chartiste di contratti di ricostruzione. Le vostre agenzie di sicurezza scambiano informazioni con la CIA su quelli che voi chiamate terroristi. Voialtri avete anche combattuto in Iraq, nella guerra del signor Bush. E per cosa? Per i progetti imperiali dei neocon? Cosa avete ottenuto ora? L'America che è uno Stato di polizia? Forse dovremmo cominciare ad ammettere che quante più guerre l'America perde, tanto meglio è per tutti.'
'Non ci interessano le guerre dei sovranisti, né chi le vince.' disse Reuben. 'Noi eravamo in Iraq per difendere i Chartisti. Se c'è una guerra nella Repubblica di Bananopolis tra la fazione A e la sotto-fazione XY-pigreco-mezzi, e ditte chartiste ci vanno a fare affari, ricostruzione, aiuti umanitari, quello che è, noi saremo lì per proteggere le loro proprietà e la vita dei loro impiegati. Se è legale o no, lo decidono le corti consuetudinarie del Charter. Se è politicamente opportuno lo decidiamo noi, non qualche cagone di elettore sovranista come voi due.'
'Ma così vi rendete comunque complici della guerra.' disse Matthew. 'Non potete sostenere che le ditte chartiste che eseguivano contratti per il governo d'occupazione in Iraq, non appoggiavano in maniera indiretta il progetto imperialista sionista-neocon!'
Reuben scosse la testa e si voltò verso il banco della cucina.
'Hey Corvin, tu che ne pensi del nostro appoggio al progetto imperialista?'
'Direi che i due orologi rotti hanno ragione, Reuben.' disse Corvin continuando ad armeggiare con i fornelli senza voltarsi. 'Come disse George Orwell parlando dei pacifisti inglesi durante la Seconda Guerra Mondiale, che lui definiva “oggettivamente pro-fascisti”, in guerra se ostacoli lo sforzo bellico di una parte automaticamente aiuti quello dell'altra. Difendendo i convogli di rifornimento e i progetti di ricostruzione che insorti e terroristi volevano distruggere, noi abbiamo a tutti gli effetti ostacolato il loro sforzo bellico. Questo, sempre secondo Orwell, è elementare senso comune.'
'Esatto! – esclamò Lucas – Ammettetelo!'
Ma Corvin non aveva finito.
'Naturalmente, secondo lo stesso principio, quelli come loro due, politicamente attivi a casa per il ritiro delle truppe della coalizione dall'Iraq, hanno indirettamente appoggiato Al Qaida, l'Iran, la Siria, i Salafiti, e tutti gli altri contrari al “progetto imperialista”.'
'E senza nemmeno dover rischiare il loro culo in area di operazioni.' disse Bundesbank. 'Devo ammetterlo Corvin, sono più furbi di quel che pensassi.'
'No, no, no, no.' obbiettò Lucas. 'Noi nelle guerre imperiali non c'entriamo per niente. Non siamo dalla parte di nessuno.'
'Ma se avete appena detto che vi augurate che il vostro paese perda ogni guerra. Se questo non è essere di parte.' osservò Bundesbank.
'Forse potreste ripiegare sull'augurarvi un pareggio.' disse Rueben sfottente.
'Certo, bisogna però andare a vedere perché c'è la guerra. Se la minaccia è reale. E se invece è un'invenzione del Governo? O di gruppi all'interno del governo?' disse Matthew cercando di mantenere il discorso in termini che non compromettessero nuovamente la sua respirazione.
Corvin non rispose continuando a darsi da fare con pentole e padelle.
'Hey Corvin! – fece allora Reuben – È arrivata. Questi due orologi rotti sono convinti che l'intera Guerra Globale al Terrorismo sia un complotto per rafforzare il Governo degli Stati Uniti. Tu cosa ne pensi di questa teoria?'
'Non mi suona molto originale. La guerra del 1812 era un trucco del Presidente Madison per affondare il Partito Federalista. La Guerra Messicano-Americana del 1846 era un pretesto per realizzare il Destino Manifesto nell'interesse degli Stati schiavisti. La Guerra Hispano-Americana del 1898, tutta un trucco per espandere i mercati commerciali a beneficio dei capitalisti, e il casus belli, l'affondamento della USS Maine, causato da un'operazione segreta dello stesso Governo Americano. L'intervento USA nella Seconda Guerra Mondiale, istigato dagli ebrei. E l'attacco a Pearl Harbor non fermato di proposito da Roosevelt. L'invasione del Kuwait organizzata dalla CIA perché il Presidente Bush voleva costruire il “nuovo ordine mondiale”. Anche il linguaggio caricaturale che cerca di suggerire un interesse illegittimo assomiglia sempre a sé stesso: la guerra del 1812 era “La Guerra del Signor Madison”. La Guerra Hispano-Americana era “La Guerra del Signor Polk”. La Seconda Guerra Mondiale “La Guerra del Signor Roosevelt”, o “Rosenvelt”, per quelli che sostenevano che fosse segretamente ebreo. La Guerra del Golfo “La Guerra del Signor Bush (padre)”, la Guerra Globale al Terrorismo “La Guerra del Signor Bush (figlio)”. Pare che tutta la storia degli Stati Uniti sia una successione di oscuri complotti per fare la guerra a beneficio del governo federale e degli uomini d'affari.'
'Ah! – disse Reuben – Quindi tu dici che i nostri due orologi rotti non sono poi così originali come credono di essere?'
'Addirittura tradizionalisti direi. Gli Stati Uniti dubito siano mai scesi in guerra una volta nella loro storia senza una forte opposizione interna. Fa parte della loro cultura politica. Come pure le teorie del complotto su “a chi giova veramente la guerra”. Un po' tutte le forze politiche e ideologiche della storia americana si sono opposte a una qualche guerra, di solito presentandosi come necessarie per salvare la nazione da sé stessa, risvegliando la parte sana dell'opinione pubblica dall'euforia bellicista. E il più delle volte l'hanno fatto augurandosi più o meno velatamente la vittoria dell'avversario. Una speranza che per molti passa dal politico allo spirituale: gli Stati Uniti hanno cominciato una guerra che non dovevano cominciare, e quindi meritano di perderla. Una sorta di atto di purificazione.'
'La guerra al terrorismo, – disse Lucas – è dimostrato che è stata una manovra dei sionisti.'
'Ah già, la famosa lobby sionista.' disse Reuben. 'Sei alla ricerca di un calcio in culo per caso?'
Lucas lo guardò adirato. 'Tu naturalmente non vuoi ammetterlo.'
'E sentiamo, perché no?'
Lucas guardò il tavolo.
'Naturalmente, – intervenne Matthew – se adesso diciamo “perché sei ebreo” ci accuserai di essere antisemiti.'
Reuben lasciò partire una risata breve e secca.
'E perché mai dovreste dire una cosa del genere? Se come dite voi antisionismo e antisemitismo non sono la stessa cosa, non avrebbe senso accusare un ebreo di attaccare una teoria “antisionista” in quanto ebreo. O no? E comunque, incidentalmente, io non sono ebreo. Mio nonno lo era.'
 'Ma perché lui non parla direttamente con noi?' chiese Lucas indicando Corvin.
'Perché non gli piacete' disse Bundesbank.
'Perché comunica solo dal mammifero a salire, niente invertebrati.' rincarò la dose Reuben.
'Corvin non ama sprecare energie in conversazioni inutili.' spiegò Norenaba, 'Pensa che i militanti politici non siano interessati ai fatti o alla logica, ma solo a mischiare le carte per far apparire di aver ragione. Dice che a lui interessano gli scambi di dati e idee, non i giochi di prestigio.'
'O magari, è solo che non sa come rispondere.' disse Matthew ringalluzzito. 'Non l'ho sentito confutare le nostre opinioni, solo insultarle chiamandole “teorie del complotto” e altre frasi fatte.'
'Vuoi confutare la teoria dei nostri orologi rotti, secondo la quale la guerra al terrorismo è una trama imperiale dei sionisti Corvin?' chiese Norenaba.
'Lo farò quando qualcuno confuterà la mia teoria secondo la quale la guerra è stata invece causata, come tutti sanno del resto, da un complotto congiunto del Vaticano e della Russia per indebolire gli Stati Uniti, e contemporaneamente seminare il panico islamico in Europa e il panico crociato in Medio Oriente. Spingendo così la popolazione a correre ad aggrapparsi alle gonne di preti e mullah. E naturalmente dal Brasile, per emergere come potenza regionale dominante in America del Sud.'
'Ma è una teoria vera?' chiese Bundesbank stupito.
'Che c'è? Sono forse io l'unico a non potersi inventare una storia supportata solo da speculazioni e testimonianze di oscure fonti, e poi sfidare gli altri a dimostrare che non è vera? Solo io devo avere per forza un interlocutore, invece di un'audience che resti a bocca aperta per l'audacia delle mie tesi?'
Mentre gli altri sogghignavano, Lucas e Matthew scossero la testa sconsolatamente di fronte alla canzonatura. Erano sinceramente confusi e sconcertati da tanta ostilità. Di solito i Chartisti erano estremamente formali con chi non conoscevano bene, gli davano del voi parlando in un tono aulico che li faceva sembrare gentiluomini ottocenteschi. Qui invece si era passati quasi immediatamente al tu, al turpiloquio, e addirittura alle minacce.
Solitamente con gli scettici si ritenevano in vantaggio, perché sapevano di avere una scorta di argomenti troppo copiosa per essere tutti confutati nel dettaglio. Il che il più delle volte portava ad un abbandono per sfinimento dell'interlocutore, ma l'indifferenza con la quale costoro trattavano le loro tesi sconvolgeva il normale corso degli eventi. E in più li faceva sentire sminuiti.
'Secondo me semplicemente non volete ammettere con voi stessi di non aver combattuto per il vostro amato Chartismo, ma per gli interessi del governo USA.' disse Matthew. 'Ma se lo sanno anche i sassi, che al NORAD è stato misteriosamente ordinato di disattivarsi l'11 Settembre 2001, in maniera da non essere in grado di intercettare gli aeroplani.'
'E di quest'altra teoria che ne pensi, Corvin?' chiese Reuben ancora ghignando.
'È una fortuna che io non parli con i sassi. Certe scomode verità potrebbero scuotere la mia certezza di aver rischiato il collo per la buona causa, e provocarmi un grave crollo psicologico.'
Lucas sentì sorgere dentro di sé un impeto di rabbia. Si immaginò ad afferrare Corvin per la gola e infilarlo in quel forno dal quale in quel momento stava estraendo una teglia.
'Mangiate ora.' disse Corvin mettendo un piatto ciascuno davanti a Matthew e Lucas.
'Cos'è 'sta roba.' chiese Bundesbank guardando sospettoso quella specie di strano pancake.
'Hortobágyi palacsinta, una specialità ungherese. Hai mangiato di peggio.'
Corvin mise altri tre piatti sul tavolo e si avviò con un quarto verso l'uscita della cucina.
'Dove vai?'
'A dar da mangiare al prigioniero.'
Dietro di lui la conversazione si spostò provvidenzialmente dalla sporca guerra del signor Bush al cibo.
'Come cucinano gli Ungheresi?'
'Non so. So solo che mettono paprika dappertutto. Come i Francesi con l'aglio, i Messicani col chili, gli Indiani con il curry, e gli Italiani con l'olio d'oliva.'