martedì 5 novembre 2013

Evoluzioni.



Pare che i cartelli della droga messicani abbiano scoperto che coltivare presso il largo pubblico un'immagine di romantici ribelli e diffonderla via internet sia una buona idea.

"Anche i membri dei cartelli della droga messicani hanno iniziato a sfruttare il potere della rete, utilizzandola per fare pubbliche relazioni, postare autoscatti con le pistole e tenere d'occhio i bersagli monitorando i loro movimenti sui social media.

Di questi tempi non tutti i cartelli vogliono essere visti come i cattivi di turno. Dopo che l’uragano Ingrid ha colpito il Messico nord-orientale, a settembre, il Cartello del Golfo ha caricato un video su YouTube che li mostra impegnati nella distribuzione di cibo ai bisognosi. In breve, il filmato ha raggiunto mezzo milione di visualizzazioni.
"

A costo di sembrare uno che si vanta, in "Liberty Charter:Territori Liberi" il mio personaggio Lottie Hortington-Spence, parlando di una immaginaria banda da strada londinese chiamata "Kennington Money Makers" rivelava:

"Le giovani bande da strada fanno un grande uso degli strumenti di comunicazione di massa. Hanno canali su Youtube dove caricano video amatoriali nei quali minacciano apertamente di morte i loro avversari, canzoni scritte da membri della banda e simpatizzanti, e anche spezzoni video di combattimenti di strada e pestaggi. Un po' come i vostri combat video in fondo. La possibilità che possano essere usati come prove contro di loro, non sembra preoccuparli. E cercano avidamente rapporti con la stampa. Quando parlano ai giornalisti si paragonano agli insorti iracheni o egiziani, accusano il "sistema" per averli abbandonati, denunciano le ingiustizie globali. Non che siano particolarmente sofisticati, ma hanno passato gran parte della loro vita a guardare la televisione e ad ascoltare canzoni rap, e sanno quali tasti spingere con l'opinione pubblica."

Rispetto a questa descrizione la versione dei "Templarios" è qualcosa di adeguatamente più sofisticato ai loro superiori mezzi.

Per riassumere, da queste parti cerchiamo sempre di fare "reality-based fiction", anche quando ci muoviamo in una linea temporale alternativa. Per un autore di thriller è essenziale essere capaci di notare certi trend prima che diventino universalmente noti, e inserirli in ciò che scrive. Spesso passano anni dalla stesura alla pubblicazione di un romanzo, perciò ciò che riesci a prevedere oggi sarà attuale nel momento in cui raggiunge i lettori.

giovedì 3 ottobre 2013

Tom Clancy: il capostipite.



Per chi è cresciuto negli anni '80, prima di internet e Amazon, quando i libri di storia militare in Inglese, se proprio volevi, dovevi ordinarteli in contrassegno dalla mitica "Tuttostoria" di Parma (che spacciava anche la Paladin Press), i romanzi di Tom Clancy erano dei miraggi, una chicca da farsi regalare a Natale. Tanto più che si viveva ancora in un'epoca di edizioni in copertina rigida da 50.000 Lire al pezzo.

Nelle librerie di provincia degli anni '80 gli appassionati del genere aspettavano l'ultimo Clancy come oggi i ragazzini aspettano l'ultimo Grand Theft Auto. I romanzi dello scerittore americano rompevano gli schemi anche solo per non essere confinati nella gabbia di Segretissimo Mondadori, dove veniva infilata tutta la narrativa di genere, di quel genere, considerato non degno di una edizione in copertina rigida. Per certi versi Tom Clancy anticipava la ribellione al politically correct, portando un universo americano-conservatore in un'Italia in cui non essere eurocomun-socialisti, pacifisti, e anti-reganiani era sinonimo di augurarsi una guerra nucleare.

Tom Clancy rappresentava anche altre tendenze "anni '80": il rampantismo, la speranza, il successo fai-da-te. L'assicuratore, scrittore neofita, che in un'epoca contrassegnata dalla segretezza, semplicemente facendo ricerche da appassionato su testi disponibili al largo pubblico, e giocando a giochi da tavolo (Harpoon), aveva messo insieme un romanzo che aveva, non solo venduto tre milioni di copie, ma anche fatto esclamare al Segretario della Marina americano: "Ma chi è che ha autorizzato questo?". (Riferendosi alle informazioni dettagliate e riservate contenute ne "La Grande Caccia all'Ottobre Rosso").

Tom Clancy deve essere salutato non come un romanziere, ma come un capostipite. Il genere tecno-thriller da lui lanciato con "La Grande Fuga dell'Ottobre Rosso" oggi ha preso vita propria, distaccandosi dagli stessi schemi di Clancy (romanzi lunghissimi, pesantemente geopolitici, che alternano scene di azione sul campo a scene ambientate nelle "stanze dei bottoni" della politica e della burocrazia), e fondendosi nel tempo con un'altro genere tipico della Guerra Fredda, quello di spionaggio all'Inglese, per dare vita ai tecno-thriller moderni.

Ai tempi di Tom Clancy tutto era confronto Est-Ovest. L'Occidente era ancora il centro dell'universo, e come organizzazione terroristica l'IRA riceveva molta più attenzione di Hezbollah. Oggi i tecno-thriller raccontano di Forze Speciali e mercenari, e si svolgono spesso in nazioni fallite (categoria pressoché sconosciuta durante la Guerra Fredda). Terroristi religiosi e fanatici hanno sostituito i freddi e calcolatori apparatchik dell'Unione Sovietica nel ruolo di cattivi.

Anche per chi, come me, si trova più a suo agio nell'avventuroso mondo del nuovo (dis)ordine mondiale, Tom Clancy rappresenta la nostalgia per l'epoca dei discorsi lunghi sei ore dell'Ambasciatore della Bulgaria all'assemblea delle Nazioni Unite.




giovedì 12 settembre 2013

Corvin e gli orologi rotti.



In occasione del 12° anniversario dell'11 Settembre 2001 ho avuto uno degli ormai rituali incontri con un "9-11 truther". E ho pensato di omaggiarvi con questo paragrafo dal mio romanzo "Liberty Charter: Territori Liberi". - Max Balestra.



'Tutta questa storia di Haiti è solo una scusa per mandare altri Marines in ancora un'altra area del mondo. Tra un po' la CIA se ne verrà fuori dicendo che il Venezuela sta fornendo armi agli Haitiani. Naturalmente una guerra è la migliore scusa per creare uno Stato di polizia in patria. E tutti gli imbecilli che attaccano bandierine a stelle e strisce al finestrino dell'automobile gli andranno dietro!' Lucas sbatté il palmo della mano sul tavolo e rise. Poi guardò le facce che gli stavano davanti alla ricerca di consenso, ma trovò solo indifferenza.
'Ha ragione, pensateci. – disse Matthew – La cosiddetta “Guerra Globale al Terrorismo” è agli sgoccioli. Come si continuerà a finanziare il Pentagono e le sue avventure imperialiste? Agitando lo spauracchio di Chavez e dell'America Latina, ecco come! Soprattutto considerato che il Venezuela ha rapporti amichevoli con l'Iran. Vi pare che i sionisti di Washington si lasciano scappare l'occasione? Attaccare il Venezuela è solo il primo passo per estendere la guerra anche all'Iran. Pensateci. Qualche altro milione di civili da ammazzare per giustificare...'
Le parole si spensero in un rantolo affamato d'ossigeno quando una mano gli si strinse intorno alla gola.
'Non ti azzardare più a venirci ad insegnare come vanno le cose ad Haiti, capito? Noi ci lavoriamo. Rischiandoci la pelle. Risparmia queste stronzate per le consorterie di tuoi pari. E nemmeno ci fare più la morale sui civili uccisi, come se in combattimento ci fossi stato tu e non noi.'
Lucas afferrò la mano di Reuben con entrambe le sue, cercando di staccarla dalla gola del suo amico, ma non ci riuscì. Matthew era ormai rosso in volto. Lucas considerò l'idea di estrarre la pistola, ma un'occhiata all'espressione di Bundesbank dall'altra parte del tavolo lo fece desistere. Norenaba afferrò il polso di Reuben facendogli mollare gentilmente la presa e Matthew inspirò con avidità, tossendo e massaggiandosi la gola.
'Non vedo perché occorra ricorrere alla violenza.' disse Lucas con voce offesa e scandalizzata. 'Stiamo solo scambiando idee qui. Se usate la violenza, vuol dire che non avete argomenti per rispondere.'
'Più che uno scambio di idee mi sembrava un comizio.' disse Bundesbank.
'Considerate la reazione di Reuben una forma di comunicazione non verbale, destinata ad andare subito al punto, facendo capire senza possibilità di fraintendimenti che si tratta di un argomento sul quale esigiamo la massima serietà.' spiegò Norenaba. 'Quello che Reuben intendeva comunicare è, che una cosa è raccontare la propria versione congetturale di un evento davanti a un pubblico casuale, e che magari non chiede di meglio che essere convinto della sua veridicità, un'altra è farlo con chi di quegli eventi ha una esperienza diretta.'
'Altrimenti detta: finché si scherza si scherza.' disse Reuben.
Lucas si guardò intorno scuotendo la testa con aria delusa. 'Chartisti... Dite di essere contro lo Stato, e intanto vi fate coinvolgere nelle guerre imperiali. I vostri Marines si sono venduti come mercenari al governo afgano in cambio dell'assegnazione a ditte chartiste di contratti di ricostruzione. Le vostre agenzie di sicurezza scambiano informazioni con la CIA su quelli che voi chiamate terroristi. Voialtri avete anche combattuto in Iraq, nella guerra del signor Bush. E per cosa? Per i progetti imperiali dei neocon? Cosa avete ottenuto ora? L'America che è uno Stato di polizia? Forse dovremmo cominciare ad ammettere che quante più guerre l'America perde, tanto meglio è per tutti.'
'Non ci interessano le guerre dei sovranisti, né chi le vince.' disse Reuben. 'Noi eravamo in Iraq per difendere i Chartisti. Se c'è una guerra nella Repubblica di Bananopolis tra la fazione A e la sotto-fazione XY-pigreco-mezzi, e ditte chartiste ci vanno a fare affari, ricostruzione, aiuti umanitari, quello che è, noi saremo lì per proteggere le loro proprietà e la vita dei loro impiegati. Se è legale o no, lo decidono le corti consuetudinarie del Charter. Se è politicamente opportuno lo decidiamo noi, non qualche cagone di elettore sovranista come voi due.'
'Ma così vi rendete comunque complici della guerra.' disse Matthew. 'Non potete sostenere che le ditte chartiste che eseguivano contratti per il governo d'occupazione in Iraq, non appoggiavano in maniera indiretta il progetto imperialista sionista-neocon!'
Reuben scosse la testa e si voltò verso il banco della cucina.
'Hey Corvin, tu che ne pensi del nostro appoggio al progetto imperialista?'
'Direi che i due orologi rotti hanno ragione, Reuben.' disse Corvin continuando ad armeggiare con i fornelli senza voltarsi. 'Come disse George Orwell parlando dei pacifisti inglesi durante la Seconda Guerra Mondiale, che lui definiva “oggettivamente pro-fascisti”, in guerra se ostacoli lo sforzo bellico di una parte automaticamente aiuti quello dell'altra. Difendendo i convogli di rifornimento e i progetti di ricostruzione che insorti e terroristi volevano distruggere, noi abbiamo a tutti gli effetti ostacolato il loro sforzo bellico. Questo, sempre secondo Orwell, è elementare senso comune.'
'Esatto! – esclamò Lucas – Ammettetelo!'
Ma Corvin non aveva finito.
'Naturalmente, secondo lo stesso principio, quelli come loro due, politicamente attivi a casa per il ritiro delle truppe della coalizione dall'Iraq, hanno indirettamente appoggiato Al Qaida, l'Iran, la Siria, i Salafiti, e tutti gli altri contrari al “progetto imperialista”.'
'E senza nemmeno dover rischiare il loro culo in area di operazioni.' disse Bundesbank. 'Devo ammetterlo Corvin, sono più furbi di quel che pensassi.'
'No, no, no, no.' obbiettò Lucas. 'Noi nelle guerre imperiali non c'entriamo per niente. Non siamo dalla parte di nessuno.'
'Ma se avete appena detto che vi augurate che il vostro paese perda ogni guerra. Se questo non è essere di parte.' osservò Bundesbank.
'Forse potreste ripiegare sull'augurarvi un pareggio.' disse Rueben sfottente.
'Certo, bisogna però andare a vedere perché c'è la guerra. Se la minaccia è reale. E se invece è un'invenzione del Governo? O di gruppi all'interno del governo?' disse Matthew cercando di mantenere il discorso in termini che non compromettessero nuovamente la sua respirazione.
Corvin non rispose continuando a darsi da fare con pentole e padelle.
'Hey Corvin! – fece allora Reuben – È arrivata. Questi due orologi rotti sono convinti che l'intera Guerra Globale al Terrorismo sia un complotto per rafforzare il Governo degli Stati Uniti. Tu cosa ne pensi di questa teoria?'
'Non mi suona molto originale. La guerra del 1812 era un trucco del Presidente Madison per affondare il Partito Federalista. La Guerra Messicano-Americana del 1846 era un pretesto per realizzare il Destino Manifesto nell'interesse degli Stati schiavisti. La Guerra Hispano-Americana del 1898, tutta un trucco per espandere i mercati commerciali a beneficio dei capitalisti, e il casus belli, l'affondamento della USS Maine, causato da un'operazione segreta dello stesso Governo Americano. L'intervento USA nella Seconda Guerra Mondiale, istigato dagli ebrei. E l'attacco a Pearl Harbor non fermato di proposito da Roosevelt. L'invasione del Kuwait organizzata dalla CIA perché il Presidente Bush voleva costruire il “nuovo ordine mondiale”. Anche il linguaggio caricaturale che cerca di suggerire un interesse illegittimo assomiglia sempre a sé stesso: la guerra del 1812 era “La Guerra del Signor Madison”. La Guerra Hispano-Americana era “La Guerra del Signor Polk”. La Seconda Guerra Mondiale “La Guerra del Signor Roosevelt”, o “Rosenvelt”, per quelli che sostenevano che fosse segretamente ebreo. La Guerra del Golfo “La Guerra del Signor Bush (padre)”, la Guerra Globale al Terrorismo “La Guerra del Signor Bush (figlio)”. Pare che tutta la storia degli Stati Uniti sia una successione di oscuri complotti per fare la guerra a beneficio del governo federale e degli uomini d'affari.'
'Ah! – disse Reuben – Quindi tu dici che i nostri due orologi rotti non sono poi così originali come credono di essere?'
'Addirittura tradizionalisti direi. Gli Stati Uniti dubito siano mai scesi in guerra una volta nella loro storia senza una forte opposizione interna. Fa parte della loro cultura politica. Come pure le teorie del complotto su “a chi giova veramente la guerra”. Un po' tutte le forze politiche e ideologiche della storia americana si sono opposte a una qualche guerra, di solito presentandosi come necessarie per salvare la nazione da sé stessa, risvegliando la parte sana dell'opinione pubblica dall'euforia bellicista. E il più delle volte l'hanno fatto augurandosi più o meno velatamente la vittoria dell'avversario. Una speranza che per molti passa dal politico allo spirituale: gli Stati Uniti hanno cominciato una guerra che non dovevano cominciare, e quindi meritano di perderla. Una sorta di atto di purificazione.'
'La guerra al terrorismo, – disse Lucas – è dimostrato che è stata una manovra dei sionisti.'
'Ah già, la famosa lobby sionista.' disse Reuben. 'Sei alla ricerca di un calcio in culo per caso?'
Lucas lo guardò adirato. 'Tu naturalmente non vuoi ammetterlo.'
'E sentiamo, perché no?'
Lucas guardò il tavolo.
'Naturalmente, – intervenne Matthew – se adesso diciamo “perché sei ebreo” ci accuserai di essere antisemiti.'
Reuben lasciò partire una risata breve e secca.
'E perché mai dovreste dire una cosa del genere? Se come dite voi antisionismo e antisemitismo non sono la stessa cosa, non avrebbe senso accusare un ebreo di attaccare una teoria “antisionista” in quanto ebreo. O no? E comunque, incidentalmente, io non sono ebreo. Mio nonno lo era.'
 'Ma perché lui non parla direttamente con noi?' chiese Lucas indicando Corvin.
'Perché non gli piacete' disse Bundesbank.
'Perché comunica solo dal mammifero a salire, niente invertebrati.' rincarò la dose Reuben.
'Corvin non ama sprecare energie in conversazioni inutili.' spiegò Norenaba, 'Pensa che i militanti politici non siano interessati ai fatti o alla logica, ma solo a mischiare le carte per far apparire di aver ragione. Dice che a lui interessano gli scambi di dati e idee, non i giochi di prestigio.'
'O magari, è solo che non sa come rispondere.' disse Matthew ringalluzzito. 'Non l'ho sentito confutare le nostre opinioni, solo insultarle chiamandole “teorie del complotto” e altre frasi fatte.'
'Vuoi confutare la teoria dei nostri orologi rotti, secondo la quale la guerra al terrorismo è una trama imperiale dei sionisti Corvin?' chiese Norenaba.
'Lo farò quando qualcuno confuterà la mia teoria secondo la quale la guerra è stata invece causata, come tutti sanno del resto, da un complotto congiunto del Vaticano e della Russia per indebolire gli Stati Uniti, e contemporaneamente seminare il panico islamico in Europa e il panico crociato in Medio Oriente. Spingendo così la popolazione a correre ad aggrapparsi alle gonne di preti e mullah. E naturalmente dal Brasile, per emergere come potenza regionale dominante in America del Sud.'
'Ma è una teoria vera?' chiese Bundesbank stupito.
'Che c'è? Sono forse io l'unico a non potersi inventare una storia supportata solo da speculazioni e testimonianze di oscure fonti, e poi sfidare gli altri a dimostrare che non è vera? Solo io devo avere per forza un interlocutore, invece di un'audience che resti a bocca aperta per l'audacia delle mie tesi?'
Mentre gli altri sogghignavano, Lucas e Matthew scossero la testa sconsolatamente di fronte alla canzonatura. Erano sinceramente confusi e sconcertati da tanta ostilità. Di solito i Chartisti erano estremamente formali con chi non conoscevano bene, gli davano del voi parlando in un tono aulico che li faceva sembrare gentiluomini ottocenteschi. Qui invece si era passati quasi immediatamente al tu, al turpiloquio, e addirittura alle minacce.
Solitamente con gli scettici si ritenevano in vantaggio, perché sapevano di avere una scorta di argomenti troppo copiosa per essere tutti confutati nel dettaglio. Il che il più delle volte portava ad un abbandono per sfinimento dell'interlocutore, ma l'indifferenza con la quale costoro trattavano le loro tesi sconvolgeva il normale corso degli eventi. E in più li faceva sentire sminuiti.
'Secondo me semplicemente non volete ammettere con voi stessi di non aver combattuto per il vostro amato Chartismo, ma per gli interessi del governo USA.' disse Matthew. 'Ma se lo sanno anche i sassi, che al NORAD è stato misteriosamente ordinato di disattivarsi l'11 Settembre 2001, in maniera da non essere in grado di intercettare gli aeroplani.'
'E di quest'altra teoria che ne pensi, Corvin?' chiese Reuben ancora ghignando.
'È una fortuna che io non parli con i sassi. Certe scomode verità potrebbero scuotere la mia certezza di aver rischiato il collo per la buona causa, e provocarmi un grave crollo psicologico.'
Lucas sentì sorgere dentro di sé un impeto di rabbia. Si immaginò ad afferrare Corvin per la gola e infilarlo in quel forno dal quale in quel momento stava estraendo una teglia.
'Mangiate ora.' disse Corvin mettendo un piatto ciascuno davanti a Matthew e Lucas.
'Cos'è 'sta roba.' chiese Bundesbank guardando sospettoso quella specie di strano pancake.
'Hortobágyi palacsinta, una specialità ungherese. Hai mangiato di peggio.'
Corvin mise altri tre piatti sul tavolo e si avviò con un quarto verso l'uscita della cucina.
'Dove vai?'
'A dar da mangiare al prigioniero.'
Dietro di lui la conversazione si spostò provvidenzialmente dalla sporca guerra del signor Bush al cibo.
'Come cucinano gli Ungheresi?'
'Non so. So solo che mettono paprika dappertutto. Come i Francesi con l'aglio, i Messicani col chili, gli Indiani con il curry, e gli Italiani con l'olio d'oliva.'

venerdì 30 agosto 2013

Letture delle vacanze.

Di ritorno dalle ferie, ho pensato di rivelare al mondo i libri che mi hanno tenuto compagnia.





Brad Thor è uno degli autori di tecno-thriller più in voga del momento. Finalmente ho trovato il tempo di leggere un suo romanzo, e adesso sono ufficialmente un fan di Brad Thor.

Lo stile e la struttura incarnano molto bene quello che secondo me deve essere il tecno-thriller moderno, e sono simili a quelli che ho cercato di usare in "Liberty Charter: Territori Liberi".

Pubblicato prima delle rivelazioni di edward Snowden sul programma NSA/Prism, il romanzo si occupa profeticamente proprio di controllo governativo sulla privacy dei cittadini, dipingendo un quadro realistico ed inquietante.

Ottime le scene d'azione, intriganti i personaggi, esotiche le locazioni... Insomma, ad un tecno-thriller è difficile chiedere di più.

Tier One Wild, di Dalton Fury.



Dalton Fury è lo pseudonimo dell'ufficiale della Delta Force che guidò la caccia a Bin Laden in Afghanistan nel 2001. Ritiratosi dal servizio, nel 2009 Fury raccontò quella storia in un libro. Il risultato però non fu un granché. Il testo era noioso e pesante, al punto da essere davvero difficile da leggere.

Da allora Dalton Fury deve aver preso lezioni di composizione creativa, oppure aver assunto un bravo ghost writer, perché le sue opere di fiction sono invece piuttosto belle.

Tier One Wild è una storia che ruota intorno ai tentativi da parte di Al Qaida di trafugare missili antiaerei spalleggiabili avanzati dagli arsenali del deposto Muammar Gheddafi, e di utilizzarli in Occidente per attentati terroristici contro aerei di linea. La Delta Force viene incaricata di fermare i terroristi.

Il romanzo beneficia della esperienza sul campo di Dalton Fury, e l'ambientazione dell'unità antiterrorismo, con le sue dinamiche sociali e culturali interne, è molto pregevole.


Los Angeles Noir, di autori vari.



La collana Akashic Noir pubblica raccolte di racconti sul mondo del crimine, ciascuna delle quali dedicata ad una singola grande metropoli, con ogni racconto ambientato in un quartiere diverso.

Come in ogni raccolta di racconti ce ne sono di più belli e di meno belli, e alcuni che sono noir solo per modo di dire, ma in generale la collana non delude mai, e Los Angeles Noir non fa eccezione.


Sentinel: Become the Agent in Charge of Your Own Protection Detail, di Patrick McNamara.



Scritto da un ex-membro della Delta Force, questo libro parla di tattiche di autodifesa, ed è parte della bibliografia da ricerca per il secondo romanzo della serie "Liberty Charter".


Securing Japan: Tokyo's Grand Strategy and the Future of East Asia, di Richard Samuels.


Un saggio sul pensiero strategico del Giappone dalla Restaurazione Meiji ad oggi. Interessante, ma piuttosto accademico.

lunedì 1 luglio 2013

L'arma che ha ucciso Osama (e quella che avrebbe potuto).



Io mi faccio delle pippe mentali che voi non credereste mai possibili.

L'altro giorno, per esempio, mi è venuto in mente che nella linea temporale alternativa in cui si ambienta il mio romanzo "Territori Liberi", Osama Bin Laden probabilmente sarebbe stato ucciso da un Solomon Rifle.

Seguitemi nel vortice della follia fantastorica armiera (se ne avete il coraggio).

L'arma che ha ucciso Osama Bin Laden è, a quanto riportato, un Heckler&Koch 416, versione di fabbricazione tedesca della carabina americana Colt M4.

L'Heckler&Koch 416

La stessa arma in versione tatti-figa

La storia dello sviluppo dell'H&K 416 è la seguente:

Nel 1979 lo U.S.Army crea la Delta Force, un reparto di élite destinato a combattere il terrorismo. Dato che si prevede che l'unità faccia un sacco di combattimento in spazi ristretti (liberazione di ostaggi, ecc.), i suoi operatori si mettono alla ricerca di una pistola-mitragliatrice adatta alla bisogna.

La prima pistola-mitragliatrice della Delta è in realtà il vecchio M3 Grease Gun della
Seconda Guerra Mondiale, ancora in servizio con l'esercito regolare e del quale c'è una grande disponibilità nei depositi. Ma il Grease Gun è un'arma antiquata e rozza, capace solo di fuoco automatico, con la quale non vorresti davvero ritrovarti a mirare a un terrorista che tiene la pistola alla tempia di un ostaggio. Ha però una caratteristica che gli operatori della Delta apprezzano molto: è camerata per il calibro .45ACP, che gli Americani all'epoca (e generalmente ancora oggi) preferiscono al 9mm parabellum.

Ma negli anni '80 la pistola mitragliatrice preferita da tutte le unità controterrorismo del mondo è camerata per il 9mm. Si tratta della Heckler&Koch MP5, che viene reputata l'arma migliore per quei particolari compiti per una serie di motivi, il principale trai quali è che spara ad otturatore chiuso, cosa che la rende molto più precisa di ogni altro concorrente. La scelta è quasi obbligata, e la MP5 diventa l'arma standard per il combattimento ravvicinato della Delta.

Sembra di capire che la Delta Force abbia chiesto alla H&K di creare una pistola-mitragliatrice che sparasse ad otturatore chiuso camerata per il calibro .45, e che la ditta tedesca abbia nicchiato fino a fine anni '90, introducendo infine la H&K UMP quando era troppo tardi.

Alla fine degli anni '90 le unità antiterrorismo stanno iniziando a cambiare idea sulle pistole-mitragliatrici come arma standard per il combattimento in spazi ristretti. Otturatore chiuso o no, le pistole-mitragliatrici sparano pur sempre una cartuccia da pistola, che può essere fermata dai giubbotti antiproiettile più leggeri. Inoltre, lo scenario con due terroristi barricati in una stanza con quattro o cinque ostaggi incomincia ad essere visto come antiquato. Nell'espugnare un edificio, o un gruppo di edifici, gli operatori possono facilmente ritrovarsi a combattere sia all'aperto che al chiuso nel corso della stessa missione (come successo a Mogadiscio nel 1993). In tali condizioni, essere armati con una MP5 significa imbracciare un'arma efficace solo fino a un centinaio di metri o poco più. Gli operatori iniziano perciò a guardare alle cosidette "sub-carbines", ovverosia fucili d'assalto con la canna accorciata. Molto accorciata.

Le forze per operazioni speciali americane hanno in inventario da molti anni proprio un'arma del genere. Si tratta del CAR15 (in alcune varianti chiamata XM177, o Colt Commando), una versione carabina del loro fucile M16 standard, la cui canna è stata accorciata della metà: da 20'' a 10''.

Ma c'è un problema. Nel CAR15 per dimezzare la canna è stato necessario accorciare drammaticamente anche il sistema di recupero del gas, che per chi non lo sapesse è quello che consente all'arma di funzionare a ripetizione. Il sistema di recupero del gas dell'M16/CAR15 è del tipo cosidetto "a sfruttamento diretto", e si presta male a questo tipo di giochetti. Di conseguenza, l'arma risulta piuttosto inaffidabile.

A questo punto della storia fa la sua entrata in scena il Sergente Maggiore Larry Vickers, sottufficiale in carica della unità Research&Development della Delta Force e grande esperto di armi (un ingegnere meccanico per formazione).

Larry Vickers con uno dei primi prototipi dell'H&K 416

Nel corso degli anni la Delta Force aveva finito per sviluppare un buon rapporto con la Heckler&Koch, e nel 2001, nel corso di una visita alla fabbrica di Oberndorf, Vickers avanza presso Ernst Mauch, l'allora CEO della compagnia tedesca, l'ipotesi di costruire un CAR15 maggiormente affidabile. L'idea sarebbe di mantenere la forma esteriore e i comandi dell'M16, al quale gli Americani sono abituati, sostituendo il sistema di funzionamento a sfruttamento diretto dei gas con uno con pistone a corsa corta, molto più facilmente adattabile a diverse lunghezze di canna.

Gli ingranaggi si mettono in moto su entrambe le sponde dell'Atlantico, e nel 2004 la Delta Force riceve i primi esemplari di serie del nuovo fucile, ora denominato H&K 416, interamente sviluppato in base alle specifiche dei suoi operatori.

Il successo dell'H&K 416 in mano alla Delta fa sì che venga adottato da molte altre unità per operazioni speciali in tutto il mondo, compresi i Navy Seals del DEVGRU. Nel 2010 il DEVGRU effettua un raid su un compound di Abbottabad, in Pakistan, durante il quale rimane ucciso "lo sceicco del terrore", Osama Bin Laden.

Il raid di Abbottabad ricostruito nel film "Zero Dark Thirty" (hours of boredom). Le armi sono H&K 416.

Fin qui la storia reale. Ma se la storia si fosse svolta nella linea temporale alternativa narrata in "Liberty Charter: Territori Liberi"?

Vediamo.

Tutti quelli che hanno letto il romanzo ricorderanno senz'altro che il fucile d'assalto favorito dei Territori Liberi, il Kalashnikov o AR-15 chartista, è l'immaginario Solomon Rifle, affettuosamente detto "Liberty Gun", camerato per l'altresì immaginario calibro 6,5x45mm.

Questa avrebbe dovuto essere un'immagine del Solomon Rifle. Ma siccome finora sono stato capace di produrre soltanto un modello 3D bruttissimo (sono uno scrittore, non un grafico), Solomon Kane è quanto di meglio ho potuto fare.

I lettori più attenti (o meglio quelli più ossessivi), ricorderanno anche che nel romanzo viene precisato che il Liberty Gun funziona con un affidabile sistema di recupero di gas con pistone a corsa corta e otturatore rotante. In pratica lo stesso di molte armi realmente esistenti, tra i quali l'H&K 416.

Ma non tutti sanno, anche perché me lo sono inventato io nel delineare la storia dello sviluppo del Solomon Rifle per il romanzo e non l'ho mai messo su carta (e perciò sarebbe forse il caso di dire che nessuno tranne me lo sa), che durante la Guerra Fredda la Solomon Firearms produsse varianti del suo fucile camerate anche per i più comuni calibri sovranisti (se quest'ultima parola vi risulta sconosciuta avete un po' di shopping da fare su Amazon, Kobo, o Createspace), come il 5,56 NATO e il 7,62 sovietico. Ma soprattutto produsse anche la Solomon PCC (Pistol Caliber Carbine), una variante pistola-mitragliatrice del Solomon Rifle, sia in calibro 9mm che in .45.

Torniamo perciò alla fondazione della Delta Force nel 1979. La neocostituita unità è alla ricerca di una pistola-mitragliatrice che spari ad otturatore chiuso e camerata per la cartuccia .45ACP. Nel mondo reale un'arma del genere non sarà disponibile prima di molti anni ancora, e la scelta di ripiego è la H&K MP5 in 9mm. Ma nella nostra linea temporale alternativa, la Solomon PCC è esattamente ciò che la Delta Force sta cercando. Viene perciò adottata.

Potremmo forse anche spingerci a ipotizzare che le forze per operazioni speciali occidentali abbiano a quel punto già una certa familiarità con il Liberty Gun. In fondo, i Territori Liberi del Charter hanno combattutto la Seconda Guerra Mondiale al fianco degli Alleati, e il Solomon Rifle sarebbe in tal caso stato l'unico vero fucile d'assalto disponibile. I Commandos di Winston Churchill sarebbero andati in azione contro i nazisti con LeeEnfield e Thompson avendo la possibilità di farsi spedire qualche Solomon Rifle attraverso il Canada? E a guerra finita, il ricostituito SAS si sarebbe gettato nella "Emergenza Malese" armato di carabine Winchester M1/M2, oppure avrebbe tirato fuori dai depositi qualche Liberty Gun rimasto dai tempi dei Commandos? In Vietnam, il MACV-SOG, al quale è stato dato ordine di utilizzare solo armi straniere per mantenere la "negabilità plausibile" durante le sue ricognizioni segrete in Laos e Cambogia, ha da scegliere tra il Carl Gustav M/45 e il Solomon Rifle. Scelta difficile?

Insomma, nessun esercito NATO adotta il Liberty Gun, che è camerato per un calibro non ortodosso, nel dopoguerra. Ma ce ne è sempre qualcuno in giro, da qualche parte, in fondo alle armerie delle unità "particolari", magari acquisito in pochi esemplari tramite canali insoliti...

In ogni caso, arrivano gli anni '90 e la Delta Force vuole abbandonare le sue pistole-mitragliatrici in favore di una "sub-carbine" affidabile. Deve avere un sistema a recupero di gas con pistone a corsa corta per funzionare al meglio anche con canne molto accorciate, e deve avere comandi già familiari agli operatori Delta.

A questo punto è molto più facile immaginare che il Sergente Maggiore Vickers, o chi per lui, piuttosto che a Oberndorf in Germania si rechi nel Territorio Libero dell'Arizona, a parlare con l'industria d'armi che già produce una versione calibro 5,56mm della pistola mitragliatrice che la sua unità usa già da tanti anni. Gli ingranaggi si mettono in moto su entrambe le sponde del Rio Grande, e nel giro di pochi anni i Chartisti hanno pronto un Solomon Rifle in calibro standard NATO costruito secondo le specifiche della Delta Force. E magari, siccome sono gente fatta così, ne mettono in vendita anche una versione civile che non è l'MR556.

Dalla Delta Force l'arma migra nelle mani di altre unità speciali, incluso il DEVGRU, e finisce per fare la storia ad Abbottabad.

Da qui in poi si possono immaginare un mucchio di scenari paralleli. Con il Solomon Delta (mica male come nome), richiesto da ogni altra unità speciale del mondo occidentale, la Heckler&Koch che insiste a proporre inutilmente il G36, gli Iraniani che ne producono un knock-off con la complicità dei Turchi che l'hanno adottato al posto dell'ora inesistente H&K 416. Esisterebbe o no l'H&K417? E l'M27 IAR sarebbe un Solomon Rifle modificato? E se il Pentagono si dovesse finalmente decidere a mettere un po' d'ordine nei suoi conti e nelle sue idee, e bandire una gara d'appalto per una nuova carabina che non finisca in nulla di fatto dopo anni di fondi buttati al vento in "ricerca", quante possibilità reali avrebbe il Solomon Delta di diventare il nuovo fucile d'assalto standard americano?

Ma direi che per oggi abbiamo già fatto abbastanza casino.

Per riassumere, correte subito a comprare "Liberty Charter: Territori Liberi" se non volete che Osama Bin Laden resusciti.


Max Balestra - Liberty Charter, Territori Liberi - Capitoli 1-3 by MaxBalestra

Progressi.


Nel corso del week-end ho finito di scrivere il primo atto del nuovo romanzo della serie Liberty Charter.

Sono spiacente, ma per leggerlo quelli tra di voi che non lavorano alla NSA dovranno aspettare ancora qualche mese.

lunedì 20 maggio 2013

Stiamo lavorando per voi.


Ok, lo so, blog abbandonato, mea culpa, ma eccovi un update.

Recentemente sono stato occupato e non ho potuto dedicarmi allo scrivere come avevo programmato, nondimeno il progetto per il secondo romanzo della serie Liberty Charter procede.

Nelle ultime settimane ho messo insieme una trama piuttosto avvincente e quasi completamente funzionante. Ci sono ancora un paio di nodi da sciogliere quà e là, alcune cose che non sono sicuro di voler includere, e in generale può essere ancora migliorata.

Ma piuttosto che aspettare di avere una trama impeccabile, ho preferito iniziare la stesura e perfezionarla lungo la via. Il primo atto del romanzo era comunque già ben definito. Iniziare a scrivere fà prendere il ritmo, cosa che secondo la mia esperienza aiuta anche con la trama.

Per quelli che hanno letto "Liberty Charter: Territori Liberi", la storia riprenderà più o meno da dove l'avete lasciata, poi la trama si dipanerà da lì seguendo, come nello stile del primo romanzo della serie, il quadro geostrategico degli eventi.

Non sono davvero pronto a fornire nessuna anticipazione a questo punto, ma la trama, già così com'è, offre tutte le opportunità per costruire una serie di avventure avvincenti pari a "Territori Liberi". Ci sono inoltre nuovi personaggi che credo potranno piacere, e l'opposizione è bella tosta.

Ciò che posso dirvi per certo è che, almeno nelle mie intenzioni, questo romanzo dovrebbe essere più breve di quello precedente, restando tra le 400 e le 500 pagine (stampate). Dico nelle mie intenzioni perché poi si tratta di controllarsi... Ma l'intenzione c'è. Ho fatto questa scelta perché il lettore oggi sembra preferire romanzi più brevi rilasciati più spesso (l'era di Tom Clancy e i suoi tecno-thriller di 900 pagine sembra davvero tramontata), e come autore io faccio un punto d'onore di venire sempre incontro al lettore.

E qui un appunto: non sarebbe male se anche i lettori facessero uno sforzo per venire un po' incontro all'autore, magari trovando cinque minuti per postare una breve recensione su Amazon (o su Anobii, Goodreads, o altra piattaforma similare).

Non solo per un autore indipendente, che non può contare su un editore per la promozione, il cosidetto tam-tam è essenziale per le vendite, ma sono arrivato alla conclusione che una delle prime cose che si impara quando si ha un libro sugli scaffali (scaffali virtuali in questo caso), è che non ricevere alcun feedback è infinitamente peggio di ricevere un brutto feedback. Preferisco una recensione da due o tre stelle che nessuna recensione. Perciò, su, fate lo sforzo. Bastano poche righe, anzi, meglio.

E lasciatemi anche dire, a costo di peccare di presunzione, che con l'editoria alla canna del gas come lo è in questo momento, noi autori indipendenti potremmo essere la vostra ultima speranza se sperate di continuare a leggere le storie che amate. Incoraggiarci è nel vostro miglior interesse di lettori.

Grazie a tutti e... si torna alla tastiera.

venerdì 12 aprile 2013

Tre milioni di luci spente



Potrà far piacere, e magari un pizzico di invidia, sapere che negli Stati Uniti ci sono romanzi autopubblicati in Kindle Direct Publishing che vendono tre milioni di copie.

E' il caso di "Lights Out", il cui autore, David Crawford, è un appassionato di escursionismo e sopravvivenza improvvisatosi scrittore. Il romanzo appartiene a un filone ormai diventato mainstream anche tramite serie Tv come "Jericho" e "The Walking Dead", quello survivalist, che descrive il collasso della società moderna dopo un qualche tipo di catastrofe naturale o causata dall'uomo. Si tratta di un genere diventato progressivamente di moda dopo gli attentati dell'11 Settembre 2001 ed eventi come il rovinoso Uragano Katrina di New Orleans del 2005. In particolare in "Lights Out", come suggerito dal titolo ("Luci Spente", in Italiano), la catastrofe è rappresentata dalla distruzione della rete elettrica nazionale degli Stati Uniti a mezzo di un impulso EMP generato dalla detonazione di testate nucleari in quota nell'atmosfera.

E allora il protagonista, un contabile di provincia di nome Mark Turner, sposato e abitante dei sobborghi con 2.5 figli (2 per la precisione) si ritrova sulle spalle l'oneroso compito di organizzare il suo vicinato "classe media" in un'entità cooperativa che possa provvedere alla sicurezza, al procacciamento del cibo, alla scolarizzazione dei bambini, alle necessità sanitarie.

Ed è questa la vera particolarità nascosta di questo tipo di storia, spesso trascurata in favore del catastrofismo: gli eroi sono gente comune. Padri, madri, figli, amici e vicini, costretti a mobilitarsi tutti insieme per la sopravvivenza.

Si tratta di un genere narrativo intrinsecamente libertario. In esso raramente lo Stato viene rappresentato come una forza positiva, e praticamente mai come indispensabile alla sopravvivenza. L'idea che lo Stato sappia ciò che è meglio per tutti, non riscuote un grande successo in questo genere narrativo.

La particolarità di "Lights Out" è anche di respingere sia il catastrofismo "fine di mondo" alla "The Walking Dead", sia il survivalism del tipo "io contro tutti", in favore invece di uno scenario in cui i "tempi duri" sono lunghi, ma non infiniti, e in cui la gente coopera come meglio può, piuttosto che lanciarsi in una lotta hobbesiana più o meno metaforica del mondo e della politica estera, alla George Romero. In "Lights Out", perfino il retroscena su chi e perché abbia attaccato gli USA distruggendone la rete elettrica, non viene investigato*, tagliando così fuori anche il cospirazionismo di sfondo alla "Jericho". La trama si dipana interamente intorno alla gente del quartiere di Turner e ai loro sforzi per sopravvivere.

Ed è questo probabilmente il segreto del successo popolare di "Lights Out", la cui trama è, a essere onesti, senza grandi sorprese, e i personaggi simpatici, ma non eccezionalmente intriganti. I protagonisti sono gente comune che reagisce a eventi provocati da forze più grandi di loro sulle quali non hanno nessun controllo. Al lettore viene proposto di identificarsi con un eroe che non è un uomo troppo diverso da lui, piuttosto che a uno che è in qualche modo "prescelto" o "speciale", uno che solo lui può salvare l'universo.

Visto il successo del romanzo, è partita una sottoscrizione online per la realizzazione di un film indipendente tratto dallo stesso (in effetti, contare su Hollywood sarebbe inutile), il trailer di presentazione, che potete vedere qui sotto, non lascia dubbi riguardo il tema della storia.



 

E' significativo vedere come l'autopubblicazione, tramite gli strumenti offerti da iniziative come KDP, riesca a riempire nicchie di mercato che la grande editoria (o cinema, o televisione) non riescono, o non vogliono, riempire, e ad identificare trends in anticipo, e io personalmente spero che il successo di esperimenti come "Lights Out" continui e si faccia sempre più significativo.

*Almeno finora. Sono a circa metà del romanzo.

giovedì 4 aprile 2013

Doctor Strangehyppolite.

"L’Europa sogna di diventare una grossa Svizzera fatta di neutralità, buone intenzioni, e senso di superiorità morale. Gli Stati Uniti sono divisi tra quelli che la pensano come gli europei, e quelli che sognano di tornare alla sana vita di campagna delle colonie originali. Più quelli che aspettano la fine del mondo." - Hyppolite Saintvil, politico haitiano.

Questa citazione da "Liberty Charter: Territori Liberi" appare in un articolo de Linkiesta a firma del mio coltissimo lettore Pietro Monsurrò.

I miei personaggi si mettono a dare lezioni di relazioni internazionali... Non lo so come finirà.


sabato 30 marzo 2013

Anche questo è scrivere.



Restare svegli fino a tardi a leggere un libro sul terrorismo e prendere appunti disordinati sul retro di una ricevuta.

martedì 19 marzo 2013

Gli ebook di Laurana Editore



Non credo sia un mistero per nessuno che in tutto il mondo, e l'Italia è in testa, gli editori tradizionali non hanno mai avuto molta simpatia per gli ebook, spesso facendo anche del loro meglio per ostacolarne la diffusione.

Per tal motivo, l'idea di Laurana Editore, casa editrice milanese, di introdurre la collana Reloaded per riproporre in formato ebook titoli della recente narrativa italiana già pubblicati da altri editori, ma ormai fuori stampa, rappresenta, oltre che un'iniziativa lodevole, un segnale molto positivo.

Laurana si è anche curata di mantenere i prezzi bassi e di rendere i romanzi facilmente disponibili tramite Bookrepublic e Amazon.

Se vogliamo sperare che gli ebook si diffondano in Italia, iniziative come questa sono fondamentali, perciò premiate Laurana dando un'occhiata alla collana Reloaded, potreste trovare qualcosa che vi piace.

Io personalmente ne ho approfittato per comperarmi "I Compagni del Fuoco", del mio amico Ernesto Aloia, a suo tempo pubblicato da Rizzoli, cosa che mi consentirà di essere più disinvolto nel prestare la mia copia cartacea a chi non possiede un e-reader.

I Compagni del Fuoco racconta la storia di una coppia medioborghese di Torino che inaspettatamente di ritrova in casa un figlio adolescente che invece di ammirare i calciatori e le veline ammira Bin Laden e i Talebani. Una storia che ricostruisce con ironia surreale l'atmosfera della "Guerra Globale al Terrorismo" di George W. Bush così come l'abbiamo vissuta in Italia. 

UPDATE: Ernesto racconta il romanzo sul suo blog.

mercoledì 13 marzo 2013

Eheheh...

Mi fa sempre ridere Zerocalcare.

E a quanto pare, i fumettisti hanno gli stessi problemi degli scrittori...






venerdì 8 marzo 2013

Off-the-Shelf.

Coloro che hanno letto "Liberty Charter: Territori Liberi" sicuramente riconosceranno il concetto: Off-the-Shelf.

Il documentario sulla realizzazione completa del gadget è qui.


mercoledì 27 febbraio 2013

Excerpt

 

Il quartiere era cambiato parecchio da quando in così tanti avevano iniziato ad affiggere allo stipite della porta di casa la pergamena incorniciata del Liberty Charter. Con il chartismo erano arrivati, finalmente, la legge e l'ordine, portati dalle corti consuetudinarie alle quali la gente adesso si rivolgeva per ottenere giustizia ed essere risarcita quando qualcuno gli arrecava un danno. I tempi in cui chiunque riuscisse a fare due soldi doveva pagare il pizzo alla polizia, se prima non veniva derubato da qualche zenglendo, erano scomparsi insieme a tutti i burocrati corrotti che avevano sempre reso la vita degli abitanti del quartiere un inferno di soprusi e prepotenze.
Con la legge e con l'ordine, erano arrivati gli investimenti dei Chartisti, era arrivato il lavoro, e buste paghe regolari, banche e prestiti, la possibilità di risparmiare o investire, e la certezza della proprietà di ciò in cui mettevi il tuo denaro.
La trasformazione era stata tutt'altro che miracolosa o priva di passi indietro. C'erano stati investimenti sbagliati e falliti, passi troppo lunghi per la gamba, manifatture che avevano chiuso lasciando gli operai a spasso, e il caso dell'industria di spedizioni nella quale Géraud aveva lavorato per dieci anni, i cui magazzinieri come lui erano stati rimpiazzati in gran numero da carrelli mobili robotizzati.
Alcuni si erano persi d'animo, ma non Géraud. Avvantaggiandosi del fatto che i Chartisti avevano anche aperto scuole in cui si insegnava un po' di tutto, aveva usato i soldi della buonuscita per imparare un lavoro in cui non potesse venire sostituito da un robot, almeno per il prevedibile futuro.
Ma un quartiere che iniziava a prosperare era un ghiotto bersaglio per gli chimé delle aree circostanti, specialmente negli anni di disordine seguiti alla prima cacciata del Presidente Aristide. I costi della sicurezza avevano iniziato a lievitare con la domanda, ed era stato allora che avevano deciso di creare la Milizia. Géraud era stato tra le prime reclute volontarie, lui non aveva paura di battersi per conservare ciò che si era guadagnato. Quella paura l'aveva vista in azione sin dalla più tenera età, e sapeva bene dove portava: alla fame.
Da bambino aveva vissuto in campagna, nella Valle di Artibonite, dove suo padre era un agricoltore. Coltivavano patate dolci, un'impresa iniziata da suo bisnonno, e dopo alcune generazioni diventata abbastanza grande da far vivere dignitosamente la sua famiglia e quelle di una dozzina di braccianti. Suo padre aveva un socio al 50%, un Tonton Macoute di medio rango che abitava a Saint-Marc. Non che questo “socio” avesse investito del capitale nell'azienda, né che ci lavorasse in alcun modo, il suo contributo consisteva nel tenere lontani con la minaccia del suo nome gli altri Macoute, i piccoli criminali, e i vari avvoltoi del governo che avanzavano sempre nuove, fantasiose, pretese.
Un giorno il capo Macoute si era presentato alla fattoria insieme ad alcuni dei suoi uomini. Géraud li ricordava benissimo, tutti armati e con occhiali da sole, il socio di suo padre in camicia e pantaloni attillati, all'europea, gli altri in uniformi militari da campo. Una normale visita di controllo, come ne faceva ogni tanto. Solo che questa particolare volta, lì, in mezzo ai filari di patate dolci, il Macoute aveva dato a papà la notizia: il 50% dei ricavati non bastava più. La sua protezione avrebbe richiesto un altro 50%.
'Ma... 50% più 50%, fa 100%.' aveva obbiettato suo padre.
'Esatto.' aveva risposto il Macoute con un sorriso, e il sole che scintillava sulle lenti a specchio dei suoi Ray-Ban. Papà non aveva osato replicare. E in effetti, cosa avrebbe potuto dire?
Dopo un paio di anni di schiavitù e dieta di sole patate dolci, il capo Macoute, nel corso di un'altra fatidica visita, aveva detto a suo padre che non necessitava più dei suoi servigi, e gli aveva fatto firmare un atto di cessione dell'intera azienda. La famiglia aveva abbandonato la terra avita e si era trasferita armi e bagagli a Port-au-Prince, dove papà sperava di trovare un po' di lavoro. Géraud aveva barattato la fattoria alberata con una casa di mattoni forati non intonacati col tetto di lamiera ondulata a Delmas, vista sul canale di scolo delle fognature.
Poco prima della cacciata di Papa Doc, l'ex socio, ora proprietario al 100%, con notevole lungimiranza aveva venduto tutto ed era scappato in Florida. In seguito la mamma aveva cercato di convincere papà a rivolgersi ad una corte consuetudinaria chartista per cercare di riavere la terra. Lo sapevano tutti, che i Chartisti erano gli unici temuti anche dai Tonton Macoute. Ma papà non era mai stato fatto di quella pasta, era un contadino, non un guerriero. E comunque ormai era un uomo stanco, amareggiato.
Gli uomini di Delmas non avevano commesso lo stesso errore di suo padre. Minacciati dagli chimé e dalle milizie politiche anti-chartiste, avevano assunto un'agenzia di sicurezza che li aiutasse a creare una milizia di difesa del quartiere. 


da "Liberty Charter: Territori Liberi", di Max Balestra, Capitolo 16 - Alla Frontiera.


 
 

lunedì 18 febbraio 2013

L'attacco degli auto-pubblicati.

 

Quando ho deciso di scrivere, naturalmente sono passato attraverso l'inevitabile rituale di infilare il naso in quelli che io chiamo "libri su come scrivere libri", e tra tutti i writing coach il mio favorito è presto diventato l'Americano James Scott Bell. Credo di avere tutti i suoi testi, che sono senz'altro quelli che mi hanno insegnato di più. Seguo anche la sua colonna domenicale sul blog The Kill Zone, che trovo sempre incoraggiante.

Bell è un sostenitore dello scrivere sempre e scrivere tanto, del pubblicare il più possibile, e del rimettersi continuamente in gioco sfidandosi a sperimentare generi diversi. Il suo modello dichiarato sono gli scrittori della Grande Depressione, quelli che dovevano completare una storia e venderla per saldare il conto dal droghiere. Da questo punto di vista è poco sorprendente che, a differenza di altri scrittori "pubblicati", abbia abbracciato entusiasticamente l'autopubblicazione in formato digitale. Non solo la pratica egli stesso, ma l'incoraggia, sperando che si torni proprio a quei tempi delle dime novels, con gli scrittori chini sulla scrivania.

E' poco sorprendente perciò che James Scott Bell abbia aggiunto alla sua collezione di "libri su come scrivere libri" uno espressamente dedicato all'autopubblicazione in formato digitale, naturalmente rilasciato su Kindle Direct Publishing: Self-Publishing Attack! The 5 Absolutely Unbreakable Laws for Creating Steady Income Publishing Your Own Books.

Come già successo con gli altri libri di Bell, questo è il miglior testo sull'argomento che ho incontrato finora, perciò ho pensato di condividerne i consigli fondamentali.

Primo consiglio: pensate come un editore. In fondo, siete gli editori di voi stessi, e dovete fare tutto il lavoro "sporco". Secondo Bell, le case editrici sono alla ricerca di tre cose: 1) un libro che venda, 2) un libro che abbia una "voce" nuova e fresca, 3) un autore che continui a scrivere. Come editori di voi stessi, dovete assicurarvi di essere capaci di fare lo stesso.

Inoltre, dovete essere capaci di fare marketing, di promuovere ciò che pubblicate presso il lettore. in ultima analisi, di far sapere che i vostri romanzi, racconti, e poesie, esistono. Per il marketing, James Scott Bell propone un piano in quattro punti: 1) strategia di prezzatura, 2) presenza sui social media, 3) newsletter, 4) recensioni, interviste, e blogging.

Per ciò che riguarda i prezzi, devono essere ragionevoli, ma non troppo bassi (Bell propone (in $) .99 per un racconto, da 1.50 a 2.99 per un romanzo breve, e 3.99 per un romanzo di più di 50k parole).

La presenza sui social media deve puntare a costruire un rapporto con il lettore e con gli altri autori, e non alla auto-promozione spudorata, e dovrebbe essere limitata ad un numero contenuto di piattaforme (qualità piuttosto che quantità). In essenza, sui social media bisogna dare più di quanto si riceve.

Ma la pubblicazione di ebook ha particolarità non condivise dalla pubblicazione tradizionale, e James scott Bell si cura di evidenziarle, impartendo preziosi consigli su come scrivere una quarta di copertina e preparare un'anteprima, sull'importanza di scegliere un copertina efficace, sull'editing, sul trattare con i Beta Readers, sulla formattazione, e perfino sui diritti di copyright.

Infine Bell impartisce il consiglio più prezioso di tutti, quello di non mollare mai.

Se siete interessati all'autopubblicazione, questo testo può insegnarvi molto. In verità, la cosa più difficile, per un autore indipendente, rimane mettere in pratica i consigli di Bell sull'"ammazarsi di scrivere" e sul non perdersi mai d'animo.

lunedì 4 febbraio 2013

Castigo Cay di Matthew Bracken



  

In passato mi ero già imbattuto in alcuni romanzi di Matthew Bracken, ma dopo averli sfogliati, o aver letto un'anteprima, non mi ero mai deciso ad acquistarne uno. Mi sembrava che le trame fossero pretestuose e virassero su un cospirazionismo per il quale non ho mai avuto simpatia. Castigo Cay pende ideologicamente ancora un po' a destra, ma da un punto di vista narrativo rappresenta sicuramente un'evoluzione, una storia molto più raffinata di una becera teoria del complotto.

Di fatto, devo rendere omaggio a Matthew Bracken per aver saputo descrivere con grande perizia le forme di totalitarismo soft con le quali lo Stato moderno continua ad estendere il suo controllo sui cittadini. Bracken narra di un "mondo prossimo venturo" invasivo, ipercontrollato, e impoverito, con lo Stato di Diritto in continua ritirata, in cui l'unico modo per prosperare è affiliarsi in qualche maniera al governo e ai suoi patroni politici.

In questo mondo, un giovane veterano dell'Iraq viaggia per mare alla ricerca della sua libertà e indipendenza, a bordo di una goletta chiamata "Rebel Yell", accompagnato solo da un eclettico equipaggio che comprende un cuoco ex-vietcong e un medico di bordo argentino la cui famiglia è stata distrutta nel disordine post-crollo economico.

Tallonato dall'ufficio delle imposte, e da tutte le altre forma di pervasiva burocrazia statale che oramai rifiutano di concedere che esistiamo senza di essa, il nostro eroe sarà costretto a rischiare il rientro in patria per soccorrere una sua ex, che sospetta essere in pericolo ad opera di un sadico milionario senza scrupoli.

Un po' Orwell, un po' Conrad, il romanzo beneficia della conoscenza dell'autore, anch'egli come il protagonista navigatore esperto, dell'opaco mondo dei piccoli porticcioli turistici, delle isolette caraibiche che si sostengono con turismo e contrabbando, e delle pseudo-democrazie autocratiche dell'America Latina, alle quali la descrizione della Florida iper-statalista dell'ipotetico futuro deve molto.

Gli eroi della storia sono tutti ribelli, piccoli coraggiosi dissidenti impegnati a sfuggire al Leviatano come possono, meglio descritti nel paragrafo finale del romanzo: "Per fare una rivoluzione, per essere un rivoluzionario, devi credere in qualcosa. Qualche nuovo grande piano al quale tutti obbediscano. Ma per essere un ribelle, non devi credere in niente. Sei solo un ribelle, e vuoi solo restare libero."

Lo stile narrativo è un tantino prolisso e occasionalmente ripetitivo, ma niente che non si possa superare. Ho letto il romanzo fino alla fine e con piacere. L'unico altro punto negativo è la copertina, veramente dilettantesca, il che rappresenta un peccato capitale nel campo della pubblicazione elettronica indipendente. Se non ne avessi sentito parlar bene di Castigo Cay su un forum, non ne avrei mai scaricato un'anteprima vedendo solo la copertina tra i consigli Amazon, e anche per questo sono lieto di passare il testimone pubblicando questa recensione.

Castigo Cay.

domenica 3 febbraio 2013

In Memoria di Chris Kyle.



Chris Kyle, eroe di guerra, è stato assassinato ieri in Texas.

Kyle, era un ex-tiratore scelto dei Navy Seals definito "il più grande cecchino della storia d'America" per il suo record di 150 uccisioni confermate, e aveva raccontato la sua storia nel bestseller "American Sniper".

Ad Al-Qaida in Iraq, che aveva messo una taglia di $20000 sulla sua testa, era noto col nome di "Al-shatayn-a-Ramadi", il Diavolo di Ramadi.

Sembra che l'omicida sia un ex-Marine che soffre di PTSD, le cui motivazioni sono ancora sconosciute. Chris Kyle lascia moglie e due figli.

American Sniper è uno dei libri che ho letto per le mie ricerche, e mi ha insegnato molto non solo sul combattimento, ma soprattutto sui combattenti e su come affrontano gli orrori della guerra. E' un libro schietto e sincero come lo era Chris Kyle, che sicuramente entrerà negli annali della memorialistica di guerra.

Riposa in pace, Chris Kyle.

"Era mio dovere sparare al nemico, e non lo rimpiango. I miei rimpianti riguardano le persone che non ho potuto salvare: Marines, soldati, amici. Non sono un ingenuo, e non romanticizzo la guerra. I peggiori momenti della mia vita li ho passati da Navy Seal. Ma posso presentarmi di fronte a Dio con la coscienza pulita per aver fatto il mio lavoro." - Chris Kyle.